La forma del nulla

Come i premi Nobel, anche gli Oscar, evidentemente, sono assegnati con criteri che sfuggono alle persone con un quoziente intellettivo sotto i 150. The Shape of Water ("La forma dell'acqua". 2017) è uno di questi.
Per carità, un film con un' ottima fotografia (Dan Laustsen, forse un po' troppo danese per i miei gusti), e l'eccelletnte regia di Guillermo del Toro, per non parlare della protagonista Sally Hawkins (Elisa Esposito), ma la storia non è un po' retorica, carne trita e ritrita? Va bene: i "diversi" che si incontrano, la supremazia degli "esclusi", tutto quello che volete, ma la storia dov'è? A parte l'amore fra una ragazza muta e una sorta di ridicolo residuato del film Creature from the Black Lagoon ("Il mostro della laguna nera", 1954), la storia... dov'è? Per fortuna Del Toro ci ha messo un paio di spie sovietiche, i segreti militari, le ricerche "Area 51" degli anni '60, ma alla fine cosa rimane?
Parliamoci chiaro: Del Toro, prima di questo "capolavoro", aveva partorito film come Hellboy, Blade II e Pacific Rim, filme che dalla lista dell'Academy erano rimasti lontani anni luce.
La stia, bella e ben raccontata, è già vista, per nulla originale e un po' noiosa.
Saraà un rigurgito di "Obamismo"? Sarà una strana reazione al "Trumpismo"? Non lo sapremo - forse - mai, ma questa esagerazione dell'accettazione del "diverso" così puerilmente evidente, sovrastimata, cupa, pretenziosa, pedante e inutilmente ricercata nella fotografia.
Io non avrei dato l'Oscar a questo film, che - come l'anno passato - era fra i meno meritevoli del titolo.
Un 8 a Sally Hawkins, per il resto un 6 scarso.

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